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Birra tra lattina e bottiglia: non rivali, ma complementari
Una Pillola di Cultura da Simone Cantoni
Pubblicata il: 17 Febbraio 2023
“Cara bottiglia ti scrivo…”. Oppure “Barattolo sarà lei!”. Come attaccare con l’argomento (un classico) della presunta alternativa, per il confezionamento della birra, tra vetro e lattina? In effetti proprio così: semplicemente partendo dal fatto che si tratta di una dualità artificiale. E sottolineando come entrambi i formati abbiano le loro buone ragioni d’essere: validi argomenti per affermare il rispettivo diritto a esistere, in una compresenza sul mercato che è sensato definire complementare.
Partiamo dalla bottiglia. Qui, è vero, le modalità di chiusura, basate sull’applicazione di tappi in sughero, con gabbietta, o in metallo, a corona, offrono una schermatura meno efficace rispetto alle insidie dell’ossidazione (particolarmente temibili da parte di prodotti quali quelli imperniati attorno alle fragranze del luppolo; la gran parte di quelli a bassa fermentazione; in generale quelli caratterizzati da colori più chiari). Ma d’altra parte, proprio quelle due opzioni relative al copricapo garantiscono le migliori opportunità di evoluzione a tipologie brassicole che siano invece costituzionalmente elaborate in vista di una crescita attraverso la rifermentazione o una stessa regolata ossidazione: dalle Saison ai Barley Wine.
La bottiglia rende la massa liquida al proprio interno maggiormente esposta ai fenomeni di foto‑alterazione a carico delle componenti aromatiche del luppolo, esito ultimo dei quali è il difetto detto appunto colpo di luce.
Se poi è vero, com’è vero, che un nemico della birra è anche il calore, è evidente come da quella minaccia il vetro difenda meglio, rappresentando un conduttore termico magari buono, ma non straordinario. Anche qui, d’altra parte, scatterà un’obiezione. E la corte decreterà: accolta! Perché la bottiglia (con valori crescenti man mano che il suo colore si fa più chiaro) rende la massa liquida al proprio interno maggiormente esposta ai fenomeni di foto-alterazione a carico delle componenti aromatiche del luppolo, esito ultimo dei quali è il difetto detto appunto colpo di luce.
Già, tutto ineccepibile. Però, da sempre, anche l’occhio vuole la sua parte. E poter vedere, o almeno intravedere, il contenuto di una confezione (in soldoni: quel che si sta per bere) è in ogni caso, per molti, garanzia di un approccio più tranquillizzante. Per non dire come la lattina rappresenti ancora un formato irricevibile in un certo ambito, diciamo chic, della somministrazione: i cui operatori è già grasso che cola quando ammettono a corte una birra; ma di certo non compiranno uno sforzo reale per superare il proprio pregiudizio negativo verso… il barattolo. No, il ristorante di un certo tipo, sui suoi tavoli, accoglie esclusivamente bottiglie: e che siano infiocchettate a festa, perdinci. In questo senso – bisogna riconoscerlo – un bel vetro scuro ed elegante, la sua figura la fa sempre: dando la possibilità al suo produttore (personalizzando in modo studiato tappi, etichette, collarini e altri elementi decorativi, come cartigli e cordini) di consegnare al locale griffato in questione un recipiente assolutamente stiloso e bello da vedere.
Come risponde l’alluminio? Sul piano dell’immagine, radicandosi tra i tesserati di un partito diverso da quello che abbiamo definito del ristorante chic. Proprio la maggior tenuta della lattina rispetto ai rischi dell’ossidazione (la parte superiore, quella recante la linguetta d’apertura, è applicata sul corpo cilindrico mediante saldatura); e dunque la sua vocazione ad accogliere Lager e Hoppy Beers, rende infatti questo formato ormai assolutamente vincente tra proprietari e frequentatori di pub altamente specializzati. Addirittura, per le tipologie di cui si è detto, la bottiglia, nell’ambiente di cui parliamo, è in automatico guardata con sospetto; e, anzi, questo ambiente è decisamente poco sensibile a un’estetica in abito da sera (quella che, in certi contesti, favorisce il vetro): al contrario prova simpatia per le livree colorate, sgargianti, luminescenze diciamo espressionistiche, esaltate dal supporto metallico.
Né si tratta dell’unico punto a favore della lattina. La quale, ad esempio, essendo più leggera e impilabile, assicura facilitazioni nello stoccaggio e nel trasporto: consentendo a quest’ultimo soluzioni più economiche ed ecologiche. Quanto alla variabile termica, certo, l’alluminio (peraltro mai a contatto con la birra, in quanto rivestito internamente da una pellicola di sostanza plastica ad uso alimentare), risulta più suscettibile al calore; ma per lo stesso motivo, in un frigo, raffredda in tempi molto minori: quindi, relativamente ai guasti da… colonnina di mercurio, vale comunque il principio per cui ogni formato (fusto incluso) richiede di essere maneggiato con la cura dovuta. Di sicuro, incuria o meno, il derelitto barattolo non teme il alcun modo l’onta del colpo di luce; mentre chiudendo il cerchio attorno alle tematiche verdi, costituisce un materiale totalmente riciclabile. Un vantaggio, la riusabilità, che, sì, condivide in linea di principio col vetro; ma in ordine a quest’ultimo intervengono alcune condizioni riguardanti il colore: per produrre bottiglie verdi si può utilizzare fino al 100% di riciclato, per le bianche o brune fino al 60%